il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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339969 commenti | 64298 titoli | 25520 Location | 12719 Volti

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  • Film: Stessi battiti (2022)
  • Luogo del film: Il supermercato dove Federico (Fiorio) trova lavoro per potersi permettere l'acquisto di una bici da
  • Luogo reale: Borello, Via Busano 28, Rivara, Torino
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  • Film: Se non avessi più te (1966)
  • Multilocation: Spiaggia del molo
  • Luogo reale: Spiaggia del molo, Positano, Salerno
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Massimo Catalano

    Massimo Catalano

  • Luigi Mazzullo

    Luigi Mazzullo

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Pigro
Desaparecidos di Siria: di migliaia di torturati e uccisi in prigione un fotografo riesce a portare in Europa le immagini. Il docufilm segue l’impatto della rivelazione e il tentativo di due familiari in Spagna e in Francia di celebrare un processo contro i criminali del regime. Le foto, le testimonianze, i volti, attraverso numerosi Paesi, si susseguono per allestire un potente memoriale, ma soprattutto un atto d’accusa contro le pastoie politiche che vogliono insabbiare i procedimenti. Una bella indagine, con momenti di forte intensità.
Commento di: Siska80
Questa simpatica commedia ambientata durante il Secondo Conflitto Mondiale racconta le peripezie di un rifugiato ebreo che cerca di farla in barba ai tedeschi con l'aiuto di un aristocratico polacco. La trovata più riuscita del regista è proprio il tono leggero con cui narra una vicenda drammatica servendosi di una coppia di interpreti maschili azzeccata, di un ritmo sostenuto, una bella fotografia e dialoghi ben scritti che strappano più di una volta un sorriso. Anche lo snodo non è affatto male, seppur per certi aspetti prevedibile, ma il finale non delude e non ci si annoia.
Commento di: Herrkinski
Più anni '80 di così non si può, dalla storia "spielberghiana" - tra fantascienza, commedia per famiglie e buoni sentimenti - fino al robot come protagonista; rivisto oggi però si fa apprezzare la cura con cui realizzavano gli SPFX ai tempi, senza l'ausilio di CGI e nemmeno di stop-motion, a rendere le interazioni tra i personaggi molto più realistiche e divertenti. Meno fortunata, in retrospettiva, la scelta del caucasico Stevens a interpretare un indiano, per quanto sia il più spassoso del lotto, con Guttenberg e Bailey un po' sottotono; sbarazzina la Sheedy. Resta un buon film.
Commento di: Bullseye2
Molto probabilmente il "capolavoro" di DeCoteau, o perlomeno un film estremamente importante nella storia della famigerata "Serie Z"; al prezzo (miserrimo) di una il regista regala tre attrazioni: feroci assalti di pantegane (visibilmente) di peluche nel tentativo di imitare Mattei, una specie di Alien terzomondista e un perfido bebé assassino, il tutto sul set di un film postatomico girato tra una cantina e un seminterrato. La noia è assente, gli attori non sono nemmeno male e il gore abbonda che è un piacere: pare di essere tornati bambini a divertirci con i nostri giocattoli!
Commento di: Capannelle
Il film è onesto nel dichiarare sin dalle terribili, prime scene il basso livello della produzione: dialoghi mediocri, musiche banali e invadenti, luci inutilmente romantiche e un ragazzino infilato a forza a cui hanno messo in bocca concetti poco coerenti. A parte quello, ogni scena è strascicata per guadagnare minutaggio in attesa delle scene di sesso, fulcro della pellicola ma anch'esse lente, quasi sempre prevedibili e prive di qualsiasi nota di colore narrativa.
Commento di: Luluke
Ennesima riprova che il cinema è soprattutto scrittura su testo e solo poi sullo schermo mediante immagini. E che la prima può rendere grande anche un piccolo film, come questo esordio alla regia di Jason Reitman, che ha ereditato dal padre Ivan talento e il gusto di dissacrare, al punto da realizzare un prodotto talmente scorretto (l'elogio del fumo e di altri vizi) che oggi sarebbe improponibile. Girando peraltro con stile, ritmo e ottima assistenza da parte degli attori: oltre a Eckhart, Maria Bello, Macy, J. K. Simmons, persino Duvall. Godibile, come lo sono in fondo certi vizi.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Massimo Catalano era un trombettista jazz romano. Ebbe un certo seguito nella band in cui suonava con Franco Bracardi, ma il vero successo lo ottenne quando Renzo Arbore lo imbarcò nel gruppo di “Quelli della notte”, l’epocale trasmissione Rai che lanciò un gran numero di strampalati personaggi. Lì Catalano era l’uomo degli aforismi dal sapore più scontato, frasi lapalissiane pronunciate come fossero grandi verità. Un’idea simpatica, vincente (come quasi tutte quelle che si vedevano in “Quelli della notte”), che regalò...Leggi tutto al musicista imprevista notorietà; al punto da promuoverlo protagonista in un episodio di “Che fai… ridi?”, in cui non fa che interpretare se stesso.

Una sera, a lavoro finito in Rai, ecco che parte la prima "catalanata", rivolta al guardiano notturno: “E’ meglio dormire tanto ed essere lucidi al mattino che stare svegli tutta la notte e passare una giornata da rincoglioniti”. E al posteggiatore che gli chiede cosa sia la vita la risposta è quella del titolo, questa volta del tutto enigmatica e ben poco sensata: “La vita è una tromba”. Poi qualche incontro, la stessa notte, per la città, e in discoteca, a elargire massime o più semplicemente a dialogare con personaggi più strambi di lui. Fino alla brutta sorpresa: qualcuno gli ha sottratto la preziosa tromba che teneva sul sedile dell’auto. Impossibile comprarne una nuova: lo strumento di lavoro, per un artista jazz come lui, è una parte di sé, e poter usare il proprio è fondamentale.

Partirà così la caccia alla fatidica tromba, compresa di denuncia del furto in polizia, dove si apprezzano qualche simpatico botta e risposta con il commissario (Uzzi) nonché l’incontro con una buffa signora (Baralla). Qualcuno suggerirà che a Porta Portese, lì a Roma, si ritrova tutto, e si consulterà addirittura uno dei boss locali, per capire se potrà essere recuperata. Poi in riva al mare il confronto con lo “spiaggiatore” (Serra), un tizio che gira con una grancassa e dimostra singolare avversione per il Belgio.

Si moltiplicheranno gli incroci con personaggi veri (tra questi la coppia Maurizio Costanzo/Luciano De Crescenzo sulle strisce pedonali, Bruno Lauzi…) e fittizi. C’è persino Carlo Verdone, in un locale, ossessionato da un cacciatore di autografi che gliene ha già fatti firmare venti e che lo tormenta fissandolo senza sosta. Alla fine il gruppo di “cercatori” guidati da Catalano si affiderà al Mago di Ceri (Cicalissi), altra figura caricaturale. Finale con equivoco: Renzo Arbore verrà fermato nella notte con una valigetta del tutto simile a quella che conteneva la tromba, confesserà ma… tutt’altro! Una chiusura simpatica che in fondo segue la traccia di quanto visto fin lì, con il bizzarro gruppo di personaggi ai quali via via se ne affiancano altri, tutti alla ricerca della preziosa tromba. Nulla di eccezionale, sia chiaro, ma almeno una regia dietro c’è e la linearità della storia aiuta a seguirla senza troppa fatica. Le frasi ovvie di Catalano vengono distribuite con parsimonia, ma il Catalano “attore” è discreto e dotato di simpatica verve.

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Alessandro Paci s'è ritagliato il suo spazio, soprattutto in Toscana. Ha girato anche un certo numero di film (quelli da protagonista spesso ai limiti dell'amatoriale), ma a teatro e in tv s’è visto di più. Passata l'esperienza giovanile a fianco di Ceccherini è rimasto nella memoria di molti per la capacità di raccontare barzellette in sequenza. Non tutte di qualità, come ben si può immaginare, ma salvate da un'esperienza che gli permette comunque di costruirle a dovere. E se anche il titolo dello spettacolo sembra alludere...Leggi tutto a qualcosa che sappia uscire dal campo (a proposito, il teatro è a Campi Bisenzio, anche se l'apertura a Times Square faceva pensare a un'improbabile trasferta a Broadway), in verità abbiamo a che fare con un one man show centrato appunto sulle barzellette. Magari dissimulate, inserite in racconti che le raccolgono a gruppi tematici che possano far pensare a semplici ricordi di gioventù o più recenti, ma alla fine dei conti si capisce che l'ossatura dello spettacolo sono le barzellette, integrate da qualche scambio di battute di Paci col pubblico delle prime file, l'intervento in un caso di una bella collaboratrice (Tonini) e, nel finale, di sua moglie Willow Gene Curry, con la quale condivide sui titoli di coda il letto per un'ultima veloce serie di freddure in una situazione da perfetta CASA VIANELLO.

Descrivere lo spettacolo quindi, considerata la sua particolare composizione, significherebbe stilare un arido elenco delle barzellette, alcune delle quali supportate da un look ad hoc (Paci in versione cowboy per una paio di "cow-boyate") ma perlopiù agganciate l'una all'altra pretestuosamente fino a quando, nell'ultima parte, si apre la raffica conclusiva in cui ogni filo conduttore scompare e si spazia da un argomento all'altro senza più preoccuparsi che esista uno straccio di attinenza tra una e l'altra. Giudicare uno show simile significa di conseguenza valutare anche il livello qualitativo delle barzellette, che se non altro nella maggior parte dei casi non suonano risapute, ed è già un piccolo vantaggio. Non che Paci sia un fenomeno alla Proietti nel raccontarle, ma risulta simpatico grazie anche a un uso contenuto e comprensibile del dialetto toscano e a un approccio molto amichevole, nient'affatto divistico, decisamente "alla buona".

Inutile dire che le volgarità non possono non far parte del pacchetto, ma non si esagera e tutto resta nell'ambito della "bischerata"... Nulla di eccezionale, ad ogni modo, e la citazione a Ceccherini (con tanto di proiezione d'una fotografia dello stesso) sembra quasi un richiamo nostalgico ai bei tempi in cui i due si presentavano in coppia con un repertorio modesto (Paci ne cita qualche buffo esempio) ma al quale rimediavano con un bell'affiatamento. Ceccherini ha poi imboccato (grazie al traino di Pieraccioni) la via del cinema nazionale, mentre Paci l'ha fatto solo parzialmente: meno esuberante e riconoscibile dell'ex partner artistico, è rimasto più confinato a un ambito regionale, all'interno del quale resta comunque sempre amato.

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“Campus Cool” è una sorta di show universitario presentato dalla coppia Naomi (Stause) e Jake (Dolley), che vediamo invitare sul palco il quarterback della scuola. Lo sportivo fa gli occhi dolci a Naomi (non insensibile al fascino del fusto) e Jake rosica. Poco dopo il quarterback finisce accoltellato nella notte...

Dieci anni dopo siamo sempre a Buffalo, nello stato di New York, e Naomi ha fatto carriera: conduce una trasmissione televisiva insieme a Robert (O’Connell) quando riappare in scena proprio il frattanto disperso Jake, prosciolto dalle accuse di aver ucciso...Leggi tutto il quarterback. Baci e abbracci ma non solo. Il giovane è in cerca di lavoro e Naomi forse riesce a procurarglielo presentandolo alla sua principale, Scarlett (Bilderback), che resta affascinata da lui e – non appena Robert ha un infarto (provocato da un avvelenamento di Jake) – lo affianca a Naomi per la conduzione. Arriva il successo, ma intanto anche il marito (Dewitt Henson) di Naomi, architetto in rampa di lancio, finisce in ospedale dopo aver bevuto una birra, a cui Jake ha aggiunto un po’ di droga dello stupro per farlo guidare con la vista offuscata e farlo schiantare.

Insomma, si è ben capito che il nuovo arrivato punta a riprendersi la donna che amava fin dai tempi del campus e studia un piano non troppo complesso per arrivarci: far fuori tutti quello che lo ostacolano. La solita storia da thriller paratelevisivo che non offre certo gran novità, sotto il profilo degli spunti. Pur tuttavia Jason Dolley interpreta un killer meno stupido dei “colleghi”, che riesce a rendersi più credibile del consueto nel suo porsi agli occhi degli altri come quello sempre pronto ad aiutare, consolare, proporre idee brillanti. Non solo Scarlett lo trova attraente e privo di difetti ma anche Naomi e suo marito non possono che congratularsi più volte per la sua intraprendenza. Certo, a lungo andare ci si chiede come nessuno capisca che tante tragedie ravvicinate e sospette accadono esattamente da quando è comparso in scena lui, ma tant’è…

Il gioco è sempre lo stesso, con Chrishell Shue nel ruolo della bella protagonista amata da tutti: triste per i drammi improvvisi e subito dopo felice per come Jake la aiuta a superarli senza troppo pensarci perché… “The show must go on”, come ripete chi lavora al suo fianco. Tutto preordinato, tutto già visto come quasi sempre capita in presenza di film simili, ma se non altro la figura di Jake è tratteggiata con bella malizia (come dev’essere) e il gioco regge a lungo, prima che caschi il palco. Dosata correttamente l’introduzione della gola profonda che riemerge dal passato (Ballesteros), soggetto e regia che funzionano a dovere. Meno la sceneggiatura, con dialoghi elementari privi di ogni attrattiva, ma in fondo ci si può accontentare.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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